IL CONCETTO DI RESIDENZA AI FINI FISCALI

Il concetto di residenza ai fini fiscali

A cura di Dott.ssa. Emiliana Maria Dal Bon ©, consulente del lavoro  – Studio Dal Bon

In materia di tassazione dei redditi di lavoro dipendente prodotti dal lavoratore inviato all’estero occorre ricordarsi che:

  • per le persone fisiche residenti fiscalmente in Italia = assoggettamento ad IRPEF di tutti i redditi, ovunque prodotti;
  • per le persone fisiche non residenti fiscalmente in Italia = assoggettamento ad IRPEF dei soli redditi prodotti nel territorio dello Stato.

L’individuazione della residenza fiscale del lavoratore, rappresenta, pertanto, un elemento fondamentale per determinare il corretto regime fiscale applicabile ai redditi percepiti all’estero.

Infatti, il lavoratore, cittadino italiano, distaccato sul territorio di uno Stato estero:

  1. Se residente fiscalmente sul territorio italiano dovrà pagare in Italia le tasse anche sul reddito prodotto all’estero, con il rischio di assoggettamento dello stesso reddito a tassazione anche nello Stato estero (doppia imposizione fiscale);
  2. Se non residente fiscalmente in Italia non sarà tenuto a versare in Italia tassazione sul reddito prodotto all’estero.

criteri, individuati dal TUIR, attraverso i quali definire la residenza fiscale di un soggetto sono:

  • iscrizione all’anagrafe della popolazione residente dello stato;
  • domicilio (sede principale di affari e interessi) nel territorio dello stato;
  • residenza (nel senso di dimora abituale) nel territorio dello stato.

Per domicilio s’intende il luogo in cui la persona ha stabilito la sede principale dei suoi affari e dei suoi interessi, che non va individuato solo con riferimento ai rapporti economici e patrimoniali, ma anche ai suoi interessi morali, sociali e familiari, che confluiscono normalmente nel luogo ove la stessa vive con la propria famiglia. Il domicilio è, dunque, caratterizzato dall’intenzione di costituire in un determinato luogo il centro principale delle proprie relazioni familiari, sociali ed economiche.

La residenza è, invece, determinata sulla base dall’abituale e volontaria dimora di un soggetto in un determinato luogo, cioè dall’elemento obiettivo della permanenza in tale luogo e dall’elemento soggettivo dell’intenzione di abitarvi stabilmente, rivelata dalle consuetudini di vita e dallo svolgimento di normali relazioni sociali.

Iscrizione all’anagrafe dei residenti, domicilio e residenza sono condizioni tra loro alternative per definire se un soggetto sia residente fiscalmente in Italia o no: ciò significa che per dichiarare fiscalmente residente un soggetto sul territorio di uno stato è sufficiente che sia accertata la sussistenza di una sola di esse.

Il Ministero delle Finanze, con circolare n. 340/E del 2 dicembre 1997, ha enunciato i principi generali a cui uniformarsi per verificare l’effettiva residenza fiscale in Italia, indipendentemente dalle risultanze anagrafiche, al fine di contrastare fenomeni evasivi legati a casi di fittizia emigrazione all’estero di persone fisiche residenti. Tra i principi enunciati da Ministero:

  • la cancellazione dall’anagrafe della popolazione residente e l’iscrizione nell’anagrafe degli italiani residenti all’estero (AIRE) non costituisce elemento determinante per escludere il domicilio o la residenza nello Stato;
  • il soggetto che mantenga il “centro” dei propri interessi familiari e sociali in Italia deve considerarsi fiscalmente residente in Italia, anche se ha trasferito la propria residenza all’estero e svolge la propria attività fuori dal territorio nazionale (ad es. un soggetto iscritto all’AIRE ed esercente attività di lavoro all’estero, la cui famiglia abbia mantenuto la dimora in Italia durante l’attività lavorativa dello stesso non potrà dirsi residente fiscalmente all’estero). Quindi, se il soggetto ha mantenuto in Italia i propri legami familiari o il “centro” dei propri interessi patrimoniali e sociali ciò deve ritenersi sufficiente a dimostrare un collegamento effettivo e stabile con il territorio italiano tale da far ritenere soddisfatto il requisito previsto dalla norma.

La Circolare del Ministero delle Finanze, n. 304/E del 2 dicembre 1997, allo scopo di verificare l’effettiva residenza fiscale in Italia, indipendentemente dalle risultanze anagrafiche, e contrastare fenomeni evasivi, ha delineato i principali elementi di prova utili per il controllo dei cittadini italiani che fittiziamente hanno spostato la residenza all’estero. Il Ministero ritiene si debba tenere conto di:

  • legami familiari o comunque affettivi e all’attaccamento all’Italia (disporre di un’abitazione permanente in Italia; mantenere una famiglia in Italia);
  • interessi economici in Italia (accreditare proventi ovunque conseguiti in Italia, possedere in Italia beni mobiliari, rivestire cariche societarie in Italia);
  • interesse a tenere o far rientrare in Italia i proventi conseguiti con le prestazioni effettuate all’estero;
  • intenzione di abitare in Italia anche in futuro desumibile da fatti e atti concludenti ovvero da pubbliche dichiarazioni.

In sostanza, il contribuente dovrà dimostrare l’insussistenza in Italia della dimora abituale, della residenza e di rapporti afferenti gli affari e gli interessi economici, familiari, sociali e morali. Elementi di riferimento per valutare l’effettiva residenza al di fuori del territorio italiano potranno essere:

  • la sussistenza della dimora abituale nel Paese estero, sia personale che dell’eventuale nucleo familiare;
  • l’iscrizione e l’effettiva frequenza dei figli presso istituti scolastici o di formazione del Paese estero;
  • lo svolgimento di un rapporto lavorativo a carattere continuativo, stipulato nello stesso Paese estero, ovvero l’esercizio di una qualunque attività economica con carattere di stabilità;
  • la stipula di contratti di acquisto o di locazione di immobili residenziali, adeguati ai bisogni abitativi nel Paese di immigrazione;
  • fatture e ricevute di erogazione di gas, luce, telefono e di altri canoni tariffari, pagati nel Paese estero;
  • l’eventuale iscrizione nelle liste elettorali del Paese d’immigrazione;
  • l’assenza di unità immobiliari tenute a disposizione in Italia o di atti di donazione, compravendita, costituzione di società ecc.;
  • la mancanza nel nostro Paese di significativi e duraturi rapporti di carattere economico, familiare, politico, sociale, culturale e ricreativo.

A cura di Dott.ssa. Emiliana Maria Dal Bon consulente del lavoro  – Studio Dal Bon –

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